Risonanza magnetica di ultima generazione: caratteristiche e vantaggi
La risonanza magnetica rappresenta una delle metodiche diagnostiche più avanzate e sicure, capace di fornire immagini dettagliate del corpo umano senza l’uso di radiazioni ionizzanti. Grazie alla continua evoluzione tecnologica, oggi è possibile ottenere una qualità d’immagine estremamente precisa, fondamentale per lo studio di diverse patologie e per la diagnosi precoce.
Scopriamo le caratteristiche e i vantaggi di questa tecnologia con il Dott. Savino Campanella, responsabile del servizio di Risonanza Magnetica presso l’Istituto Andrea Cesalpino.
Cosa si intende per risonanza magnetica?
La risonanza magnetica è una tecnica diagnostica che utilizza campi magnetici e fornisce immagini molto dettagliate del corpo umano evitando l’esposizione a radiazioni ionizzanti, a vantaggio del paziente.
La risonanza è utilizzata per diagnosticare una vasta gamma di condizioni patologiche e permette la visualizzazione di tutti gli organi interni, compresi lo scheletro e le articolazioni.
È nata principalmente per lo studio neurologico ed è considerata la prima metodica a permettere l’osservazione diretta del midollo spinale. In precedenza, infatti, venivano utilizzati esami molto invasivi come la mielografia o la mielo-TAC, che richiedevano l’iniezione di un mezzo di contrasto nel canale spinale e consentivano la sola visualizzazione, tramite radiografia o TAC, dei profili del midollo.
Oggi, grazie alla sua evoluzione, la risonanza magnetica è utilizzata per lo studio di quasi tutte le patologie organiche ed è particolarmente impiegata in oncologia per la diagnosi, la stadiazione e la valutazione della risposta ai trattamenti terapeutici, sia chirurgici che chemioterapici.
In sintesi, la risonanza magnetica è una metodica sicura e priva di effetti collaterali noti per l’organismo, il che la rende una procedura di routine per la valutazione di patologie che colpiscono diversi organi.
Ci sono alcune controindicazioni alla esposizione in risonanza magnetica che riguardano il primo trimestre di gravidanza e i pazienti portatori di pacemaker, neurostimolatori o valvole cardiache. Poiché la risonanza magnetica è essenzialmente una potente calamita, dispositivi elettrici e metallici possono essere attratti o danneggiati, compromettendone il funzionamento. Questi pazienti vanno valutati caso per caso.
Cos’è una risonanza magnetica ad alto campo?
In base all’intensità del campo magnetico, esistono due tipologie di apparecchiature: a basso campo e ad alto campo. Le apparecchiature a basso campo, con intensità del campo magnetico che varia da 0,2 a 0,5 Tesla, sono generalmente utilizzate nelle macchine aperte. Queste macchine, di dimensioni ridotte, sono adatte soprattutto per lo studio di organi statici e strutture anatomiche che non richiedono un alto livello di dettaglio, come articolazioni e rachide lombosacrale. A causa della minore intensità del campo magnetico, la qualità delle immagini ottenute non è elevatissima, ma risulta comunque sufficiente a formulare una diagnosi di base.
Le apparecchiature ad alto campo, invece, operano con campi magnetici che vanno da 0,5 fino a 3 Tesla, almeno per quanto riguarda quelle a uso clinico. Offrono una definizione anatomica superiore e pertanto sono ideali per lo studio di organi in movimento e di strutture più piccole, poiché consentono scansioni con spessori minimi. Questa maggiore intensità del campo magnetico permette, quindi, una qualità d’immagine superiore, una resa anatomica dettagliata e tempi di esame ridotti.
Per la maggior parte delle diagnosi avanzate, l’uso delle apparecchiature ad alto campo è preferibile in quanto offrono maggiore accuratezza e versatilità. Per rispondere alle esigenze dei pazienti a cui il design della risonanza magnetica “chiusa” potrebbe causare sensazioni di claustrofobia, grazie alle nuove tecnologie oggi abbiamo a disposizione risonanze con gantry (tunnel) ampio e corto, studiate per ridurre al minimo l’eventuale disagio e per ottimizzare la comodità del paziente.
Cosa significa risonanza magnetica 3 Tesla?
Le apparecchiature da 3 Tesla generano un campo magnetico di intensità pari, appunto, a 3 Tesla e rappresentano, attualmente, la tecnologia più avanzata in ambito clinico. Per il resto, esistono macchine che raggiungono anche 7 Tesla, ma sono impiegate esclusivamente a scopo di ricerca e non sono ancora utilizzate nella pratica clinica.
Le apparecchiature più diffuse nelle strutture sanitarie sono quelle con un’intensità di 1,5 Tesla, ormai disponibili nella maggior parte degli ospedali e delle cliniche. Le macchine da 3 Tesla, di ultima generazione, consentono di ottenere immagini ad altissimo dettaglio anatomico e permettono lo studio di strutture molto piccole, con tempi di acquisizione più rapidi.
Risonanza magnetica 3 Tesla: come funziona?
Il funzionamento della risonanza magnetica, sebbene sia complesso anche per gli addetti ai lavori, può essere semplificato in questo modo.
Si immagini un potente campo magnetico che, quando applicato al corpo, agisce sui nuclei degli atomi di idrogeno, ossia i protoni, facendoli allineare parallelamente alla forza del magnete, in modo simile alla limatura di ferro che si allinea sotto l’effetto di una calamita.
Una serie di bobine, posizionate sul distretto da esaminare, emette impulsi di radiofrequenza che modificano temporaneamente l’orientamento di questi nuclei. Una volta cessati gli impulsi, i nuclei ritornano alla loro posizione iniziale, emettendo energia sotto forma di un segnale, noto come “segnale di risonanza”. Questo segnale viene captato, amplificato ed elaborato da un computer, che permette di ottenere un’immagine anatomica. La scala di grigi dell’immagine riflette le diverse intensità del segnale di risonanza.
Il processo è altamente computerizzato e complesso, con enormi calcolatori che elaborano le informazioni per generare l’immagine finale. La variazione dei colori dipende dalla quantità di protoni presenti nei vari tessuti: per esempio, l’acqua, ricca di protoni, produce un segnale più forte. In sequenze specifiche, come quelle chiamate “T2”, gli organi con un alto contenuto di acqua (come la vescica piena di urina, i reni e il liquido cerebrospinale) appaiono bianchi sull’immagine, a differenza degli organi parenchimatosi, come il fegato e il cervello, che hanno un contenuto acquoso minore e appaiono in tonalità variabili di grigio.
In sintesi, la scala di grigi dell’immagine riflette la quantità di protoni nei diversi tessuti, fornendo informazioni utili per distinguere le diverse strutture anatomiche in base al loro contenuto di acqua e protoni.
Risonanza magnetica 3 Tesla: per quali prestazioni è utile?
Il campo magnetico di 3 Tesla è ormai entrato stabilmente nella pratica clinica e viene utilizzato per lo studio di tutti gli organi. Tuttavia, presenta alcune peculiarità che lo rendono particolarmente indicato per lo studio di organi piccoli, come l’ipofisi e la prostata. In particolare, la prostata è l’organo che, per mia esperienza, si analizza meglio con il 3 Tesla. La risonanza multiparametrica, specifica per la prostata, consente infatti di individuare noduli di piccole dimensioni, tra 1 e 3 millimetri, e di stimarne la probabilità di malignità in base a parametri specifici.
Prima dell’avvento della risonanza multiparametrica, la prostata veniva studiata principalmente tramite ecografia e con il valore del PSA, un antigene specifico della prostata che, pur aumentando in presenza di tumori, può salire anche in condizioni benigne, come adenomi o prostatiti, limitando così la sua precisione diagnostica. In presenza di PSA elevato, si procedeva con una biopsia, in cui si effettuavano prelievi casuali su tutta la ghiandola prostatica, in particolare nella sua area periferica.
Con la risonanza multiparametrica, invece, si analizzano tre parametri: morfologia, diffusione (che indica l’ipercellularità) e perfusione (che indica la vascolarizzazione). In base alla positività o negatività di questi parametri, viene assegnato un punteggio su una scala da 1 a 5, che corrisponde alla probabilità di malignità.
I punteggi 1 e 2 indicano una probabilità molto bassa o nulla di lesioni tumorali, quindi non richiedono una biopsia. Il punteggio 3 rappresenta un valore dubbio, che necessita di monitoraggio per valutarne l’evoluzione. Un punteggio di 4 o 5 indica una probabile malignità del nodulo, per cui è necessaria una biopsia mirata. In questo caso, il radiologo indica all’urologo la posizione esatta del nodulo, evitando una biopsia casuale su tutta la prostata.
Questo approccio mirato è uno dei grandi vantaggi della risonanza multiparametrica, poiché riduce il numero di pazienti sottoposti a biopsie invasive, dolorose e potenzialmente problematiche, e permette agli urologi di intervenire su un bersaglio ben definito.
In conclusione, la risonanza magnetica 3 Tesla è una metodica versatile, che offre importanti informazioni anche nello studio del cervello, del midollo spinale e dell’addome, risultando utile per una vasta gamma di patologie.
Come avviene una risonanza magnetica all’interno di un centro diagnostico?
Per la preparazione alla risonanza magnetica, prima di tutto, viene chiesto al paziente di togliersi tutti gli oggetti metallici come, per esempio, orologio, portafoglio e carte di credito.
Si procede, poi, con un’anamnesi accurata per verificare che non ci siano controindicazioni, come la presenza di pacemaker e neurostimolatori o interventi chirurgici precedenti, che possono rappresentare criticità maggiori.
Essendo il macchinario una potente calamita, si valuta inoltre anche la presenza di eventuali protesi e frammenti metallici (ad esempio schegge o pallini di piombo) presenti nel corpo.
Si tratta di informazioni che devono essere comunicate: gli elementi metallici ben fissati, come le protesi cementate, generalmente non si muovono, ma nelle macchine 3 Tesla possono causare una leggera sensazione di calore. In questo caso, comunque, il paziente può utilizzare un pulsante di emergenza per segnalare il fastidio e viene subito rimosso dal campo magnetico.
Terminata la valutazione, il paziente viene sistemato sul lettino, ed entra in un tunnel lungo circa un metro e mezzo, con un diametro variabile da 60 a 70 cm, aperto su entrambe le estremità, per garantire il passaggio dell’aria e migliorare il comfort.
Le macchine 3 Tesla, in particolare, hanno spesso un tunnel con diametro di 70 cm, che crea un ambiente meno claustrofobico rispetto a quello delle prime risonanze.
La durata dell’esame dipende dalla zona da studiare, con tempi che variano da 15 a 30 minuti per singole aree (ad esempio, 15 minuti per la colonna o un ginocchio).
Esami più complessi, come quelli sulla prostata o su due sezioni della colonna vertebrale, possono richiedere fino a 30 minuti.
Durante l’esame, è fondamentale che il paziente rimanga immobile, poiché anche piccoli movimenti possono creare artefatti, riducendo la qualità dell’immagine e quindi l’efficacia diagnostica.
Una volta terminato l’esame, il paziente può riprendere le sue attività senza particolari precauzioni.
Se viene somministrato un mezzo di contrasto, questo è paramagnetico e non a base di iodio, come nelle TAC, quindi meno invasivo. Tuttavia, non è consigliato per pazienti con insufficienza renale, poiché viene eliminato tramite i reni, e si evita anche durante l’allattamento, poiché può passare al neonato attraverso il latte.
L’uso del mezzo di contrasto richiede sequenze aggiuntive e prolunga l’esame di circa 10 minuti.